RI-PRENDI I SOLDI E SCAPPA…FOCUS SUL FENOMENO DEL “ DELISTING”: COME INCIDE SULLE BORSE?

E’ fuga dalle quotazioni, ed è ormai un fenomeno di dimensioni mondiali. Sempre più società, anche storiche e di grandi dimensioni e da decenni quotate sulle piazze borsistiche, lasciano i listini per altri lidi.

Nei primi sette mesi del 2022, anche nella nostra “piccola” borsa italiana, sono stati calcolati 47 miliardi di uscite in termini di capitalizzazione, e, l’annuncio di Diego Della Valle che proprio in questi giorni è partito con l’offerta volontaria di riacquisto della parte di titoli ancora scambiata in borsa di TOD’S, è solo l’ultimo di una lunga serie.

Fra i titoli più conosciuti che hanno recentemente adottato questa procedura a Piazza Affari ci sono anche Atlantia (il gigante delle infrastrutture dei Benetton), Exor (la cassaforte di famiglia degli Agnelli), migrata però in Olanda, e poi Autogrill.

Ma anche all’ estero le cose non vanno meglio…a volte anche per motivi non direttamente collegati alla finanza, come negli USA, dove il 12 agosto scorso, cinque delle più grandi società statali cinesi, in una mossa non esplicitamente coordinata ma attuata contemporaneamente, hanno annunciato l'intenzione di revocare le loro azioni dalle borse statunitensi. Si tratta di China Life Insurance, PetroChina, China Petroleum & Chemical, Aluminium of China e Sinopec Shanghai Petrochemical.

Ma che cosa è esattamente un de-isting e quali sono le motivazioni che spingono a metterlo in atto?

Da manuale della finanza, Il delisting è semplicemente la rimozione di un titolo azionario dal mercato su cui è quotato; questo titolo cesserà quindi di essere negoziato su quella Borsa.

Ma per quale motivo una società quotata decide di ritirarsi?

 

Irregolarità negli scambi o fallimento

Oggettivamente, qui la decisione è delle Autorità di vigilanza (in Italia è la Consob) , e viene presa a tutela degli investitori. Se la regolarità del mercato e degli scambi non è garantita, o non vengono rispettati i requisiti indispensabili per essere quotati (ad esempio trasparenza o bilanci non in ordine) si comincia con la sospensione e si arriva alla cancellazione del titolo.

 

Fusioni e acquisizioni

Le fusioni e acquisizioni fra società quotate sono fra i casi più semplici di delisting.  In realtà la società acquisita esce dalla porta e rientra dalla finestra. Esempi: Banca Carige, che è stata assorbita da Bper, Cattolica Assicurazioni che è entrata nel gruppo Generali o Autogrill, che dopo il matrimonio con il gruppo Dufry, finirà quotata in Svizzera.

 

Migrazioni o “trans-listing”

Sempre all’estero, ma per motivazioni “altre”, sta approdando un’altra big della finanza italiana: la negoziazione delle azioni Exor resterà tra poche settimane nella sola Borsa di Amsterdam dopo che sarà effettuato il delisting da Piazza Affari. Exor dal 2016 ha la sede legale in Olanda per cui questo trasloco dovrebbe servire semplicemente a renderne più snella ed efficiente la struttura. In realtà qualche operatore insinua che in questo modo l’unica Authority incaricata di sorvegliare la società in borsa sarà l’Afm, quella olandese. La Consob perderà così i suoi poteri di monitoraggio…

 

Quando la quotazione diventa un peso

Il ritiro dalle negoziazioni dei titoli di una società può avvenire anche per assecondare la volontà dell'azionista di maggioranza.

Prima di ripensarci e di cominciare il suo tira e molla, Elon Musk aveva sottoposto al board di Twitter una proposta per acquisire tutte le azioni in circolazione ed in questo modo effettuarne il delisting dalla Borsa di New York. Ecco le sue parole: "Ho investito in Twitter perché credo nel suo potenziale di essere la piattaforma per la libertà di parola in tutto il mondo e credo che la libertà di parola sia un imperativo sociale per una democrazia funzionante…tuttavia, da quando ho effettuato il mio investimento, ora mi rendo conto che l'azienda non prospererà né servirà questo imperativo sociale nella sua forma attuale. Twitter ha bisogno di essere trasformato in un'azienda privata".

 

Sottovalutazioni e… malizie

Quando si ritiene che, per vari motivi, le azioni di una società non siano state fino a quel momento adeguatamente apprezzate dal mercato azionario, significa che il delisting è dietro l’angolo; con ciò non si intende semplicemente un periodo di depressione del listino di riferimento o del settore ma, piuttosto, di un disinteresse continuo del mercato per queste azioni. Per questo da qualche anno i Fondi di Private Equity, il cui compito è solo quello di raccogliere denaro da investitori privati per farlo fruttare al meglio, sono diventati particolarmente aggressivi e alla ricerca di imprese sottovalutate, da sottrarre alla quotazione stagnante, valorizzarle attraverso interventi diretti nei Consigli di amministrazione e rilanciarle con denaro fresco, per poi rivenderle.

Poi, nel caso del recente delisting di Tod’s, il private equity è di famiglia: la finanziaria che ritirerà il titolo dal listino per riprendersi anche la parte ora quotata a Piazza Affari è proprio dei Della Valle.

Lo scopo dichiarato è quello di valorizzare i singoli marchi (Tod’s, Roger Vivier, Hogan e Fay), dando loro una forte visibilità individuale e una grande autonomia operativa perché la famiglia ritiene che questo obiettivo, definito di medio-lungo periodo, sia meno agevole da raggiungere mantenendo il titolo in borsa, dove gli analisti richiedono solo verifiche di breve periodo…

Come dire che si cresce di più a lungo termine, se si sta fuori da Piazza Affari: eppure finora si era detto il contrario. Per questo c’è chi pensa che siccome nel breve i risultati di Tod’s potrebbero anche deludere, meglio allora far scomparire il titolo dalla Borsa…

 

I tristi effetti dei de listing: un po' di numeri di casa nostra

Si calcola che negli ultimi 5 anni i delisting della Borsa di Milano ne abbiano fatto scendere di quasi un quarto la capitalizzazione, e anche quest’anno i 47 miliardi ritirati dal listino difficilmente potranno essere rimpiazzati dalle nuove matricole, che sono abbastanza numerose ma di modeste dimensioni. Non è un caso che, rispetto alle altre piazze europee, i titoli quotati a Piazza Affari valgano meno della metà del nostro PIL, contro il 62% dei tedeschi, il 128% dei francesi e addirittura il 143% degli olandesi.

Infatti abbiamo in Italia alcune peculiarità che penalizzano chi ha deciso di quotarsi. In primis, la poca presenza di alcune categorie di investitori a lungo termine, come le assicurazioni ed i fondi pensione, che privilegiano i titoli a reddito fisso. Ma anche i tanto chiacchierati hedge funds, che preferiscono listini più blasonati per andare a caccia di imprese sottoquotate.

Per concludere, non giova alla causa anche la scarsa preparazione finanziaria del nostro Paese, che tiene lontano dalle azioni tantissimi piccoli investitori i quali associano questi strumenti finanziari al trading e alla speculazione “intraday”.

Insomma, tutto il contrario di quello che dice, ad esempio, la nostra Costituzione. Non ci credete?

Google…Costituzione italiana…articolo 47…


Giuseppe Gentili - Personal Advisor

Dott. Giuseppe Gentili

Giuseppe Gentili è un Personal Advisor. Ha ottenuto la certificazione EFPA nel 2012 e dal 1999 è iscritto all'Albo Unico dei Consulenti Finanziari

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