UN CALCIO ALLA MISERIA. E' RIPARTITO IL CAMPIONATO DEI CLUB INDEBITATI. CHI VINCERA'?

Nei bilanci societari della nostra Serie A chiusi il 30 giugno 2022, soltanto la Fiorentina risultava in attivo

e nella classifica dei più indebitati in testa figurava l’Inter (140 milioni di euro) con Roma e Juventus a completare il podio dei segni meno più consistenti.

La svolta “aziendalista” dei club italiani che ormai da molto tempo avrebbe dovuto generare redditività è perciò ancora al palo, ed è al momento assai lontana da quello che nello stesso periodo hanno concretizzato i gruppi inglesi e tedeschi.

 

Da società di calcio a società “quotate”: un po' di storia

Da sempre attorno al mondo del pallone circolano molti soldi e per decenni questa montagna di denaro è finita in larga parte nelle tasche dei calciatori, senza che le dirigenze ci guadagnassero nulla, tanto che, con un’efficace metafora, una società di consulenza qualche anno fa paragonava i club a navi cargo incaricate solo di trasportare, gratis quando non in perdita, tutti questi introiti solo nelle tasche dei top players.

E infatti per molto tempo i club non si sono nemmeno resi conto del fatto che nelle loro casse restava soltanto una fetta irrisoria dell’enorme giro d’affari dello sport più popolare del mondo.

Anzi, per certi versi poteva essere normale, perché le classiche regole dell’amministrazione d’impresa non venivano applicate allo sport: se per un’azienda tradizionale il principale obiettivo doveva essere la redditività, per una società di calcio al primo posto dovevano arrivare i risultati sportivi, poi il resto.

Erano altri tempi: negli anni 80 il presidente di una piccola emittente privata inglese riuscì a comprare i diritti per trasmettere in televisione tutto il calcio inglese per soli 15 milioni di euro…

Solo con l’avvento della globalizzazione e della spettacolarizzazione degli eventi sportivi anche le società di calcio hanno aperto gli occhi su quelle potenziali fonti di reddito che stavano ignorando: prima gli sponsor, poi gli stadi, fino ai diritti televisivi e così nell’ultimo decennio i grandi club europei hanno imparato ad essere nello stesso tempo aziende redditizie e squadre vincenti, utilizzando anche la leva della quotazione in borsa per attrarre nuovi capitali. E i fatturati sono esplosi.

 

La classifica per fatturato

La società di consulenza PWC nell’ultimo rapporto sul calcio realizzato per la nostra Lega ha analizzato il fatturato complessivo delle 54 principali leghe degli ultimi vent’anni, passato da 2,8 a 20,1 miliardi di euro.  E questo soprattutto all’ estero, con un vero e proprio dominio della Premier League inglese.

Un’altra società di Consulenza, Deloitte, è ormai arrivata alla 26esima edizione della “Football Money League”: anche nella stagione 2021/22 fra le prime dieci posizioni sei società, infatti, provengono da Oltremanica, con i due club di Manchester ed il Liverpool nei primi posti della graduatoria. Distanti, invece, le squadre del nostro Paese. Per i curiosi, e per i tifosi ecco il link: Deloitte Football Money League 2023 | Deloitte UK

 

Le italiane indebitate: quanto rimane in cassa?

Assenti dalla top ten i club italiani: nel 2022 il Milan si piazzava al 16°posto, con una crescita del fatturato a 265 milioni, grazie anche al titolo vinto in quell'anno. Poco più sopra, al 14° posto l’Inter, che vedeva scendere i suoi ricavi a 308 milioni di euro, nonostante la crescita dei ricavi dello stadio. All’undicesimo posto, invece, la Juventus, uscita dalla top ten europea  a causa del crollo del fatturato da 433 a 400 milioni di euro.

Ma, di tutti questi incassi, quanto rimane, una volta pagati gli stipendi?

Praticamente niente. Nella stagione 2017-2018, l’ultima analizzata da PWC,  il risultato netto complessivo dei 20 club della massima serie segnava una perdita di 98 milioni di euro con debiti complessivi di 3,8 miliardi di euro, un passivo che valevail 126% dei ricavi delle squadre della massima serie. E da allora i numeri sono solo peggiorati.

Tutti I debiti delle società calcistiche derivano principalmente dagli investimenti in giocatori e dai loro ingaggi, dal costo di mantenimento delle infrastrutture e degli staff, ma, mentre la maggior parte dei Club europei ha raggiunto una portata globale grazie a tifosi, partnership commerciali in tutto il mondo e accurate campagne di immagine e merchandising, il football italiano, in generale, è ancora indietro e, paradosso, addirittura penalizzato da una normativa introdotta nel lontano 2009.

 

Il fair play finanziario. Un bene o un male?

Le nostre società calcistiche avrebbero potuto, come le europee, migliorare i bilanci e accorciare questo divario?

Forse non lo sapremo mai perché un progetto introdotto dal comitato esecutivo UEFA nel settembre 2009, che mirava proprio a far estinguere i debiti dei Club per indurle nel lungo periodo ad un auto-sostentamento finanziario, e a bilanci virtuosi ha poi ottenuto l’effetto opposto.

L'idea (buona) nasceva proprio dal fatto che le disparità tra le società, nel calcio moderno, erano sempre più spesso dovute ad un fattore economico piuttosto che ad uno sportivo. Oltre a questo, i dirigenti UEFA si sono resi conto che spesso queste si trovano costrette a far fronte a situazioni di indebitamento a causa delle enormi spese sostenute per rafforzare la squadra in sede di “calciomercato”. Le società che non avessero raggiunto certi parametri virtuosi entro il 2014 rischiavano addirittura l’esclusione dalle competizioni europee…

Risultato: nel corso degli anni il fair play finanziario è stato oggetto di critiche, in quanto si ritiene che esso abbia addirittura aumentato la distanza tra i club in possesso di grandi risorse economiche e gli altri, e, in casa nostra, abbia cristallizzato al ribasso  i rapporti di forza fra le squadre europee e le italiane.

 

La ragione e il sentimento (il tifo). Conviene avere in portafoglio le azioni delle società di calcio?

Dopo tutte queste considerazioni, e tutti questi debiti, forse anche il più sprovveduto degli investitori avrebbe la risposta ragionevole, se non fosse che il fattore tifo e quello dei risultati sportivi non contribuiscono a rendere stabile questa tipologia di azioni, ma soprattutto non aiutano a valutare oggettivamente un titolo sportivo quotato.

Ho deciso perciò, per avere un termine di confronto, di prendere in esame l’andamento delle nostre uniche tre squadre quotate a Piazza Affari (Juventus, Lazio e Roma) nell’ anno 2021, l’ultimo e recente anno positivo della nostra borsa.

Partendo dall’andamento dei tre titoli durante l’anno, mentre quelli di Roma e Lazio scesero  rispettivamente dell' ’1,6 e del 4,1 per cento tra l’apertura di gennaio e la chiusura di dicembre, quello della Juve subì un calo drastico, perdendo quasi il 48 per cento.

Nell’andamento del titolo del club bianconero rivediamo in uno specchio tutti gli eventi che ne caratterizzarono l’andamento sportivo, come il picco toccato dopo il lancio della Superlega e il successivo crollo con il brusco stop al progetto. Ma anche il graduale assestamento del valore delle azioni con il calo degli ultimi mesi che venne innescato dalla richiesta di aumento di capitale da 400 milioni. 
Per quanto riguarda la Roma, invece, si registrò l’effetto Mourinho, con il titolo schizzato alle stelle nei primi giorni di maggio, all’annuncio del portoghese come nuovo tecnico.

Un discorso riconducibile anche alla Lazio, seppur con uno strappo meno prepotente, il cui titolo toccò la sua vetta più alta nei giorni in cui Maurizio Sarri diventava il nuovo allenatore.

In entrambi i casi, dopo l’iniziale “euforia”, i titoli si sono riassestati tornando gradualmente ai livelli precedenti, situazione tipica per le società calcistiche in Borsa, che per loro natura sono molto volatili.

E il nostro indice complessivo invece?  Nello stesso anno, più 21 per cento…

Per cui, in conclusione, continuate a fare il tifo per la vostra squadra, e comperate a volontà biglietti, partite e magliette. Ma se volete proprio anche diventarne azionisti, prima del “buy” finale, ricordatevi di questo blog!


Giuseppe Gentili - Personal Advisor

Dott. Giuseppe Gentili

Giuseppe Gentili è un Personal Advisor. Ha ottenuto la certificazione EFPA nel 2012 e dal 1999 è iscritto all'Albo Unico dei Consulenti Finanziari

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